Non saprei neanche da dove iniziare.
Forse dalla “cantilena fastidiosa” di quell'”insopportabile” della Boldrini ché, si sa, l’apparenza è tutto; in politica mica contano i fatti o le idee da portare avanti. In politica il pacchetto è essenziale, un bel involucro conta più di mille strade asfaltate, più di mille posti all’asilo o più di mille ticket sanitari. E se a dirlo è un attore la cui cadenza romana è un marchio di fabbrica bisogna credergli.
O forse dallo spauracchio di Stalin e del KGB e della sinistra in mano ai comunisti che mangiano bambini mentre cantano l’Internazionale tra un bicchiere di vodka e l’altro.
O forse da quel povero diavolo di Berlusconi che ha fatto tanto di quel bene al Paese, che ha creato tanti di quei posti di lavoro e che, di sicuro, non meritava di essere stroncato per quel vizietto dei festini e poi, parliamoci chiaramente, è stato stroncato da quei magistrati rossi che avrebbero fatto firme false pur di partecipare alle sue feste a base di prostitute al limite della maggiore età, un gruppo di magistrati gelosi di un uomo di settant’anni che ancora riesce a tenere il passo degli appetiti sessuali delle ventenni con le quali condivideva le serate. E non nominiamo nemmeno gli abusi di potere, le corruzioni, le truffe da lui orchestrate e per le quali è stato condannato ché tutto si riduce a un “È un uomo a cui piace la figa, embè?”.
O forse dalla classe con la quale bolla la Palombelli come una dei tanti “sinistroidi coi milioni in banca”, una “radical chic” che fa “tutte ‘ste storie sulle coppie gay”, anche se, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a trovare un nesso tra il non essere stato riconfermato per un lavoro in televisione e le coppie gay, non parliamo poi del “genitore 1 de qua e il genitore 2 de là”, si vede che al Bracco sono sfuggite le discussioni sull’argomento a livello mondiale, ma, di nuovo, quale sarebbe il legame con il cast di “Forum”? O forse sono solo due righe che nascondono un mondo di pregiudizi verso quella sinistra guardata con disprezzo, composta per lo più da cosiddetti intellettuali che non hanno mai lavorato un giorno in vita loro, che non sanno cosa significa sporcarsi le mani con la terra, che si nascondono dietro ai libri e alle aule universitarie, che pretendono di spiegarci come stare al mondo e che, soprattutto, fanno della distruzione dei valori della famiglia tradizionale (padre, madre, figli, puttana minorenne al seguito e tutti a messa la domenica mattina) (ciao, Ale) il punto di forza dei loro discorsi. È a questi sinistroidi che bisogna ringraziare se in Italia esiste una legge contro l’omofobia o se i gay possono sposarsi o adottare un bambino.
O forse dall’ironia non voluta con la quale passa dal dare dei “Ro-si-co-ni” ai detrattori di San Silvio da Arcore al rosicamento per non essere più a Canale 5 tutte le mattine (per colpa degli stessi detrattori di SSdA?).
O forse da quel “Via dall’Euro” che adesso va tanto di moda – non a caso parla di Grillo e di Salvini che sono sulla stessa linea di pensiero – e che ci ricorda che viviamo nel Paese delle responsabilità. Degli altri. Perché è arrivata la crisi in Italia? Perché quella culona della Merkel ha sfruttato l’Europa per fare gli interessi della Germania e chi ci ha rimesso sono stati i pesci piccoli e puri come l’Italia. I ristoranti erano sempre pieni, prima dell’euro.
Forse partirei proprio da qui, dal concetto di “rivergination” che è anche quello più comprensibile.
I politici sono brutti e cattivi, hanno fatto a pezzi l’Italia, hanno “affamato il popolo”, “‘sti zozzoni”. Di nuovo rientrano in campo le responsabilità degli altri, dirette e indirette. Sono state le scelte dei politici che hanno portato alla miseria attuale ma, se un politico è arrivato dove è arrivato, fino a prova contraria è perché stato votato da qualcuno e se ti ritrovi alla soglia dei cinquant’anni è facile pensare che un paio di volte abbia votato anche tu. Ripeto, questa è la parte più comprensibile di tutta l’intervista. Puntare il dito contro la classe dirigente in toto è una delle cose più semplici e più pigre allo stesso tempo. Dire “tanto sono tutti uguali” è un sinonimo di ignoranza e di malafede. È un modo per autoassolversi, per dire che non c’è bisogno di informarsi su un tale partito o su un tale politico ché tanto sono feccia a priori. Non c’è neanche bisogno di stare a sentire cosa hanno da dire perché si dà per scontato che sia finalizzato all’interesse personale. E allora, se gli intellettualoidi sono confinati dietro ai libri a occuparsi degli interessi delle coppie gay e se i politici di professione si occupano di preservare la casta, gli unici che possono fare gli interessi degli uomini della strada sono proprio loro, gli uomini della strada. E a questo punto la mancanza di preparazione, la mancanza di studio, di militanza in un partito diventano un punto di forza, un modo per assicurare che, no, loro non sono “casta”, sono cittadini che si preoccupano di altri cittadini.
E passano in secondo piano le competenze di Bracconeri – cosa ne può sapere Bracconeri di economia e quali ripercussioni avrebbe davvero un’eventuale uscita dell’Italia dall’euro? – o il fatto che si sia avvicinato a un partito “tradizionale” la cui leader è stata Ministro in un governo Berlusconi per ben tre anni – Meloni non è anch’essa responsabile della crisi sulla base del ragionamento di Bracconeri che vede gli zozzoni colpevoli di aver affamato il popolo? o ci sta dicendo che Meloni è un po’ meno zozzona degli altri? e sulla base di cosa, di grazia? – e che il Bracco intende avvicinarsi a un altro partito, la Lega, che ha governato sempre con Berlusconi in anni cruciali per la crisi nazionale. Quello che conta è solo l’apparenza di nuovo e di pulito, talmente pulito da non aver nessuna esperienza.
Ma forse è solo una bolla d’aria e, quando Bracconeri deciderà di sciogliere la riserva, scopriremo che non aveva mai voluto candidarsi e soprattutto mai mischiarsi con questi politicanti.